Memorie Dalla Polvere

la mostra personale di Maria Ginzburg

Il Laboratorio di Serigrafia La Luce Rossa, sotto la direzione di Juan Carlos Allende, in collaborazione con Tekè Gallery presenta “Memorie della Polvere”: la mostra personale di Maria Ginzburg.
Classe ‘98, di origine russa, l’artista è residente ad Antona, Massa Carrara; è laureata in pittura all’Accademia di Belle Arti di Roma. Attualmente collabora con Yourban 2030.

La collaborazione nasce ad ottobre del 2020. Juan e Maria decidono insieme di realizzare un’opera dedicata alle Alpi Apuane che porta alla luce una forte riflessione sull’imminente disastro ecologico, causato dall’uomo, che stiamo vivendo.
Da qui nascono le opere che vedremo esposte in galleria: un murale sulle pareti della prima sala, con un intervento sonoro di Alessio Mosti aka a.m.soundscapes, l’illustrazione originale del leporello (libro che si apre “a fisarmonica”), le copie dello stesso serigrafate a mano e le serigrafie 50×70 stampate, sempre a mano, con la polvere di marmo.
Il percorso si completa arrivando nella terza ed ultima sala, dove sarà possibile vedere il luogo nel quale è nato questo meraviglioso progetto.

Maria Ginzburg

Vernissage:
Venerdì 09/09/2022 ore 19:00
Tekè Gallery – La Luce Rossa
Via Santa Maria 13, Carrara (MS)
Info: juanca@tabularasa.it
Tel: +39 3343035848

Durata della mostra: dal 09/09/2022 al 09/11/2022
Orari di apertura: da martedì a sabato, ore 15:30 – 19:30

Maria Ginzburg

La ricerca dell’artista è dedicata alle Alpi apuane e a tutte quelle realtà paesaggistiche che per futili motivazioni legate a scopi di lucro di privati, rischiano di scomparire.
Il suo intento è quello di evidenziare le problematiche generate da un sistema che compromette i complessi equilibri della natura, di queste montagne vittime della produzione massificata.
La mostra sottolinea anche l’accettazione passiva da parte della comunità, di un danno permanente a questo patrimonio collettivo, che ha impiegato millenni per la sua formazione e che non sarà più possibile recuperare in futuro.

Il filo conduttore dell’opera è la memoria latente del carbonato di calcio, materiale che forma il marmo e che si presenta come una polvere, la cui genesi risale a un ciclo vitale e una storia millenaria di trasformazione e continua modificazione strutturale, che lo porta alla creazione delle catene montuose.
Nella contemporaneità, questo materiale, ottenuto dalla trasformazione in polvere dei blocchi di marmo estratti dalla montagna, è passato recentemente da residuo di scarto a motivo di speculazione: circa il 75% del marmo estratto viene infatti lavorato da multinazionali ed è destinato ad impieghi industriali.

Le opere presentate all’esposizione, con la finalità di raccontare la duplicità del percorso di questo materiale, presentano due differenti versi di lettura, per narrare da un lato i tempi lentissimi della millenaria storia evolutiva naturale del marmo, con la complessità che ne ha garantito la formazione, dall’altro per descrivere l’operare distruttivo dell’essere umano e la rapidità con la quale i processi estrattivi intaccano in maniera irreparabile e mortifera il paesaggio.
Il contrasto visibile tra le due estremità mostra le conseguenze a lungo termine dei comportamenti nocivi ed egoisti dell’uomo, offrendo spunto per una riflessione etica e di auto-responsabilizzazione sui temi dell’inquinamento, proponendo una prospettiva alternativa.
Una prospettiva in cui l’educazione alla sostenibilità ambientale diviene nucleo centrale essenziale, per fornire coordinate che possano guidare a scelte più consapevoli nel quotidiano, attraverso la costruzione di una coscienza critica attiva e partecipe.

L’investimento culturale consente una reale emancipazione da logiche di profitto e asservimento, nelle quali dinamiche consumistiche nocive generano sprechi e uno stile di vita aggressivo nei confronti del pianeta.
Tutto ciò porta a riflessioni sulla possibilità di creare un nuovo modo di intendere lo spazio collettivo e privato, alla luce di soluzioni alternative che garantiscano un benessere reale, che possa esprimersi attraverso la convivenza rispettosa e armonica dell’uomo con lo spazio circostante, dove il benessere non si esprime unicamente in attitudini di tipo edonistico, ma nel reale e tangibile miglioramento della qualità di vita.
Il senso del nostro esistere sul pianeta si trova nell’indispensabilità dell’empatia, della cooperazione. In un’ottica globale è evidente che il senso etico del nostro vivere quotidiano può essere acquisito unicamente riconoscendosi nel diverso, sia esso il mondo naturale della vegetazione e degli animali, o dell’uomo stesso.

In conclusione, il percorso tracciato nelle pagine di “memorie della polvere” vuole affermare il legame indissolubile che vincola l’uomo all’ambiente circostante, partendo dall’analisi dei processi di creazione della vita, ed evidenziando quanto la perdita del senso ultimo dell’abitare sia la causa primaria del malessere interiore del pianeta.

Polvere

Fondali marini. Nell’ombra, la vita. Ciechi tentacoli a tastoni, coralli, lunghe dita senza mani.
Freddi occhi di fredde membra, corpi lisci che si sfiorano e si intrecciano nell’acqua.
Creature marine. E poi.. respiro.
Zampe, arti, gambe, sostegni, tendini, ginocchia. Ali. Vite di luce, di verde, di sete.
Becchi, squame, piume, pelliccia, denti, orecchie… Spogliata pelle.
Tutto si crea, tutto si distrugge.
Un rumore metallico squarcia la vista. Uomo di sete, di fame e di denaro.
Si sentono cigolii, frugare affannato di bracci meccanici, rosicchiare ansante di ferrose fauci.
Caldo legno, alberi, natura e nuda roccia si scontrano con il violento tocco umano
afflitto dalla disperata ricerca di sfamare la smania.
Morsi. Morsi alla pietra che rapidamente si sgretola. Strade, ruote, acciaio, scavi.
Profonde buche, carie dei monti. Costruzioni, edilizia, motori.
Fumo… polvere… ritmo… produzione. Ci sono dei panni stesi all’aria.
Aria di sfruttamento. Aria di tormento. Croci di legno piantate nel terreno.
Dopo l’ossessione, l’assillo, il delirio, l’avidità…
Riposo.
Buio scavato nella terra.

J. T.

 

Si dice oggi che
ascoltando una conchiglia
tu possa sentire il suo canto;
poni l’orecchio e senti
quello che stiamo perdendo.
G. M.

 

DISGREGARE

“D” è la sonorizzazione prodotta da Alessio Mosti per l’opera “La memoria della polvere” di Maria Ginzburg. Si tratta di un paesaggio sonoro che attraversa una parabola di costruzione e decostruzione del suono. Per quanto ci sia un mantra melodico che si ripete per quasi tutta la durata del brano, si distingue una fase autogenerativa di creazione organica ed una di decostruzione meccanica artificiale. Ciò simboleggia la fase dell’uomo in cui il progresso tecnologico e la scienza lo inebriano tanto da dimenticare principi fondamentali come quelli di interazione e interdipendenza: ci si trova ben presto nella fase discendente della parabola in cui non si può far altro che constatare la desolante disgregazione dell’ambiente circostante; l’ebbrezza di onnipotenza lascia dunque spazio ad un amaro senso di frustrazione.
La sonorizzazione si avvale inoltre di un’istallazione microfonica nella galleria, grazie alla quale il suono dei passi degli spettatori verrà integrato a quello della traccia in riproduzione.

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